Assumere cannabis in gravidanza: quali conseguenze per il bambino?

CANNABIS DONNE GRAVIDANZA- Il clima di liberalizzazione potrebbe indurre a credere che l’uso di marijuana non arrechi danni al feto, ma non è propriamente così. Sono ormai mesi che si parla sempre di più anche in Italia dei benefici che l’utilizzo di cannabis per scopi curativi potrebbe apportare alla condizione di malati terminali o comunque a persone affette da patologie che provocano una notevole sofferenza fisica.

Cannabis in gravidanza: quali conseguenze?
I dati statistici remano fortemente in questa direzione analizzando l’operato di Paesi in cui la liberalizzazione è già da tempo attiva, ma c’è da dire che l’utilizzo eccessivo di queste sostanze potrebbe avere delle controindicazioni che la ricerca medica sta cercando di quantificare. In particolare il discorso si estende alle donne in attesa, le quali (dove possibile) utilizzano sempre più frequentemente la cannabis per combattere la nausea mattutina ed i dolori dovuti alla gravidanza. Una ricerca federale effettuata sul territorio americano dal New York Times, ha evidenziato che il 4%  delle donne in dolce attesa ammettono l’assunzione di marijuana, mentre la percentuale aumenta fino al 7,5 % quando si parla delle giovani tra i 18 e i 25 anni. La funzione anti-dolorifica è senza dubbio efficace, ma quali danni possono esserci per il feto? I dati della ricerca sono al momento ancora contraddittori.

Bambini immuni?
Secondo gli studi condotti fino ad oggi, sono emersi una serie di problemi a cui il nascituro deve far fronte in seguito all’esposizione al principio psicoattivo della cannabis. In primis, la sovrastimolazione provocata dalla marijuana potrebbe danneggiare lo sviluppo neuronale del bambino causando danni al suo sistema nervoso. Altri rischi possono essere una nascita prematura e sotto peso, un eventuale ritardo mentale ed in ogni caso problemi intellettivi, rilevando dunque un’influenza negativa sul parto da parte della cannabis assunta dalla madre. Un ulteriore studio condotto attraverso la risonanza magnetica per immagini, ha evidenziato un ridotto volume della sostanza grigia corticale in bambini di età compresa tra i 10 e i 14 anni che erano stati esposti a cannabis durante la gestazione.

L’evoluzione delle ricerche sta cercando di affinare la rilevazione dei dati per poter dare risultati certi sulle effettive conseguenze del THC sul feto, ma in base ai dati fin ora in possesso degli scienziati, seppur non completi né totalmente precisi, il rischio è che per alleviare le sofferenze della madre si possano compromettere le facoltà intellettive del bambino. Il gioco vale la candela?[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]